I cacciatori di taglie
A cura di Luca Barbieri
Charles Siringo e W. B. Sayers, bounty-hunter
Bounty-Hunters, meglio noti come “cacciatori di taglie”; a loro la legge affidava la cattura dei “wanted”, e cioè dei ricercati che erano sfuggiti alle maglie della giustizia senza aver espiato le loro colpe. Una necessità dell’epoca, se si guarda la faccenda da questo punto di vista: delinquenti spesso pericolosi che si nascondevano in territori immensi e scarsamente popolati, per cui era più conveniente delegare il compito a gente spietata e capace, in grado di seguire una traccia, pur labile, e di portare a termine con successo un lungo inseguimento.
Una perversione del sistema, se la si guarda da quest’altro punto di vista: uomini pagati dallo Stato per ammazzare delinquenti che lo stesso Stato, per sua inefficienza, non era in grado di incarcerare.
Perché, nonostante i bounty-hunters avessero la possibilità di scegliere se prendere il loro uomo “vivo o morto” (il celeberrimo “dead or alive” degli avvisi di taglia), era quasi scontato propendere per la seconda ipotesi, perché un cadavere dà sicuramente meno problemi di trasporto e, in ogni caso, cessa per sempre di costituire un pericolo.
Le prime taglie riguardavano neri fuggitivi
Chi si dedicava a questo mestiere, se sopravviveva, era sicuro di poter racimolare una certa cifra: le taglie erano spesso invitanti, infinitamente superiori alla paga di un normale Marshal o Sheriff (Hickok fu uno dei meglio pagati a 150 dollari al mese, mentre solo la taglia che il governatore del Missouri mise sulla testa di Jesse James fu di diecimila dollari).
Un’arma usata dai bounty-hunters
A Porter Rockwell, gran bevitore e giocatore d’azzardo, va la palma di migliore nel suo campo: gli si attribuiscono più di 200 cacce andate a buon fine, tra catture e omicidi.
Una delle rappresentazioni più efficaci di questo “tutore della legge” sui generis rimane quella fornitaci da Sergio Leone nel suo “Per qualche dollaro in più”.
Cacciatori di taglie nel cinema
Nel film si racconta la storia di due bounty-hunters (o bounty-killers, espressione che in questo caso si addice di più ai personaggi, visto la quantità industriale di morti che avranno sulla coscienza) che si prefiggono, per motivi diversi, l’obbiettivo di annientare una banda di spietati fuorilegge, riuscendo perfettamente nel loro intento.
La scena conclusiva, nella quale Clint Eastwood “conta” i morti in base al valore della rispettiva taglia, è da antologia, ma se estrapolata dal contesto favolistico della pellicola cinematografica, lascia un po’ l’amaro in bocca.
Perché, di fatto, per i bounty-hunters gli uomini ai quali davano la caccia erano nulla più che sacchetti di dollari a due gambe.
E questa valutazione economica dell’essere umano fa decisamente accapponare la pelle.