American Horse, uno scaltro capo Sioux
A cura di Paolo Scanabucci da un brano di Charles A. Eastman (Ohiyesa)
Cavallo Americano fu uno dei più scaltri capi Sioux ma non fu l’unico a portare questo nome. A raccontarci la sua storia è Charles A.Eastman, conosciuto anche Ohiyesa. Leggiamo dunque quanto scrive.
A portare il nome di Cavallo Americano fu prima un suo zio che perse la vita nella battaglia di Slim Buttes nel 1876. Cavallo Americano junior nacque poco prima che l’invasione delle terre dei Sioux da parte dei bianchi divenisse un problema serio ed i metodi dei colonizzatori aggressivi, e la sua prima età virile lo portò nel periodo più critico e difficile della nostra storia. Fu istruito da suo zio, poiché suo padre fu ucciso nella battaglia mentre entra ancora molto giovane. La banda di Cavallo Americano frequentava un luogo di smercio di beni vari e i suoi membri di conseguenza erano amichevoli con i bianchi, politica questa seguita da vicino dal loro capo. Quando nacque, il suo vecchio nonno disse: “Portatelo fuori al sole! Lasciatelo chiedere al suo progenitore, il Sole, il sangue caldo di un guerriero!” Ed egli ebbe sangue caldo”.
Fu un uomo geniale, che amava la notorietà e le emozioni. Afferrava sempre un’opportunità per saltare al centro della scena. Nei primi anni della sua vita fu una specie di comico, molto popolare tra i suoi amici – un esperto mimo e imitatore. Oltre a renderlo popolare lo rese in un certo senso anche un trascinatore. Era un attore nato, e presto mostrò particolari abilità come oratore. Cavallo Americano aveva circa 10 anni quando venne assalito da tre guerrieri Crow, mentre conduceva una mandria di pony ad abbeverarsi. Qui dimostrò una astuzia innata ed iniziativa. Sembrava che avesse scarse possibilità di cavarsela, in quanto il nemico era vicino. Si mise ad urlare freneticamente ai pony in modo che fuggissero verso l’accampamento, mentre lui si gettava nel folto di alcuni salici e rimase nascosto là.
American Horse
Una parte del bestiame venne recuperata in vista del campo e ci fu un contro inseguimento, ma i Crow fuggirono con i pony. Naturalmente sua madre era agitatissima, credendo che il suo ragazzo fosse stato ucciso o catturato; ma dopo che l’emozione era finita, egli fece la sua comparsa nel campo senza nemmeno un graffio. Quando venne interrogato sulla sua fuga, egli commentò: “Sapevo che non avrebbero perso tempo con me con un così grosso bottino a portata di mano”.
Quando divenne più grande, fece parte di una caccia al bufalo, e sulla via del ritorno con il resto dei cacciatori il suo mulo divenne ingovernabile. Cavallo Americano aveva insistito nel cavalcarlo nonostante fosse già carico di carne e pelli, e l’animale già duramente provato, cominciò a correre e scalciare, sparpagliando la carne fresca lungo la strada, per il divertimento della folla. Ma il ragazzo si trasformò in attore e fece credere a tutti che la scenetta fosse una sua idea. Si avvinghiò alla schiena della sua monta dimenante e ragliante come un bravo cavaliere del circo cantando una canzone da eroe e finalmente apparve in mezzo alle risate ed al tifo degli amici. Ben lungi dall’ammettere la sconfitta, egli si vantò della sua abilità di cavallerizzo e dichiarò che suo fratello l’asino avrebbe messo qualsiasi nemico in fuga e che insieme dovevano essere convocati per guidare una carica.
Diversi anni più tardi andò a dormire presto una notte e dormì della grossa, essendo andato in ricognizione per due notti di seguito. Capitò che ci fu un raid dei Crow e quando si svegliò nel mezzo delle grida e della confusione, egli si rizzò in piedi e tentò di partecipare alla battaglia. Tutti riconobbero la sua voce in mezzo a tutto il frastuono, così quando sparò il dal suo fucile e annunciò un colpo, come era d’uso, gli altri accorserò sul posto per poi scoprire che aveva sparato ad un pony zoppo appartenente alla propria tribù. Tutti risero di lui e non si riprese mai dall’umiliazione provocata da questo errore. In realtà, sebbene fosse indubbiamente coraggioso e provasse in tutti i modi a distinguersi in battaglia, non aveva successo. Si dice di lui che una volta andò a dar battaglia, insieme ad una banda di giovanotti verso il territorio del fiume Wind, ad un gruppo di Shoshoni. Finalmente scoprirono un vasto campo, ma c’era soltanto una dozzina circa di Sioux, perciò si nascosero ed attesero la loro occasione per attaccare una isolata banda di cacciatori. Mentre attendevano così, rimasero a corto di cibo. Un giorno una piccola banda di Shoshoni capitò a tiro e nel mezzo dell’eccitazione e preparazione per l’attacco, il giovane Cavallo Americano vide un grosso cervo dalla coda nera avvicinarsi.
Guerrieri Sioux
Incapace di resistere alla tentazione, estrasse una freccia dalla sua faretra e trapasso il cuore del cervo, poi con diversi dei suoi compagni mezzi morti dalla fame, montò sopra il corpo dell’animale ancora tremante per estrarne il fegato che era talvolta mangiato crudo. Si dice che uno di quegli uomini fu tramortito dall’ultimo calcio del cervo maschio, ma avendo ingoiato pochi bocconi, i guerrieri si misero a rincorrere i loro nemici. Ancora si narra di come Cavallo Americano uccise la preda e festeggiò tra agguati e attacchi.
Un’altra volta stava asciugando il suo sacro copricapo di guerra ed altri arnesi al calore di un piccolo falò. Questi articoli erano tenuti in grande venerazione dagli Indiani e maneggiati di conseguenza con estrema cura. Improvvisamente il falò si trasformò in un piccolo incendio ed il nostro eroe si distrasse a tal punto che cominciò a colpire ripetutamente le fiamme con il copricapo da guerra, spaccando, nell’atto, uno dei sacri corni di bufalo. Si potrebbe quasi riempire un libro con le sue disavventure ed imprese. Ve ne racconterò una con le sue stesse parole così come riesco a ricordarle.
Eravamo la più promettente banda di giovani guerrieri che la nostra tribù abbia mai inviato contro i suoi ancestrali nemici. Era estate e dopo due giorni di viaggio cominciammo a mandare giornalmente due esploratori avanti a noi mentre il grosso si manteneva ad una mezza giornata di marcia indietro. Gli esploratori partivano ogni sera e viaggiavano tutta la notte. Una notte la grande pipa della guerra fu tesa a me e a Giovane Uomo che ha Paura dei Suoi Cavalli. All’alba, non avendo incontrato nessuno, nascondemmo i nostri cavalli e ci arrampicammo in cima alla più vicina collinetta per osservare. Era una giornata molto calda. Giacemmo a terra sulle nostre coperte, rivolti verso ovest dove la collina scendeva ripidamente mentre alle nostre spalle c’era una discesa più graduale, punteggiata da macchie di pini e cedri. Un pò di erba alta si conficcò tra i nostri capelli e procedemmo per studiare il panorama che si stendeva di fronte a noi per scorgere qualsiasi segno di vita. La vallata priva di alberi era punteggiata da mandrie grandi e piccole, di bufali e cervi e di tanto in tanto intravedemmo un coyote muoversi furtivamente nelle gole, ritornando da una notte di caccia. Mentre eravamo intenti ad osservare qualche sagoma non identificata – da distante non potevamo ancora distinguere se uomo o animale – sentii un vago rumore dietro di me e lentamente voltai la testa. Ecco, stava arrivando un orso che si avvicinava di nascosto verso di noi, quasi pronto a saltare!
Corri! Gridai nelle orecchie del mio compagno, ed entrambi balzammo sui nostri piedi in un secondo. Sparpagliamoci – gridò lui . e mentre ci sparpagliavamo, l’orso scelse me come suo spuntino. Corsi giù per la collina più veloce che potei ma l’orso guadagnava terreno. “Intorno ad un albero” gridò Giovane Uomo che ha Paura. Feci un profondo respiro e con un ultimo sprint, girai disperatamente intorno al primo albero che incontrai. Poiché proprio là il terreno era scosceso, feci una capriola in un senso mentre l’orso rimaneva nell’altro. Mi raccolsi giusto in tempo per salire su un albero e fui fuori pericolo, quando anche l’orso si riprese e venne verso di me più furiosamente che mai. In una zampa teneva i brandelli della parte posteriore dei miei pantaloni, poiché nella caduta egli aveva grattato la mia schiena e tagliato la mia cinta in due e portato via il mio indumento come trofeo.
Il mio amico era al sicuro su un altro albero e rideva di cuore della mia situazione imbarazzante e quando l’orso vide che non poteva raggiungere nessuno di noi, con riluttanza se ne andò, dopo che io mi ero rivolto con cortesia verso di lui promettendogli che avrei fatto un’offerta al suo spirito affinché potessi ritornare sano e salvo. Il mio amico pensava che me la fossi cavata per un pelo.
Durante i turbolenti anni che vanno dal 1865 al 1877, Cavallo Americano raccomandò il compromesso al Governo ad ogni costo, essendo senza alcun dubbio convinto dell’inutilità della resistenza. Non fu riconosciuto come leader fino al 1876, quando egli prese il nome ed il posto di suo zio. Fino a quel tempo portò il soprannome di Manishnee (che non può camminare, tagliato fuori). Quando il grosso degli Ogallala, alla quale tribù apparteneva, andò nella riserva, egli si alleò improvvisamente con gli elementi pacifici della agenzia di Nuvola Rossa, vicino Forte Robinson, Nebraska, e recitò un ruolo non piccolo nel tenere a bada le teste calde. Poiché i capi più vecchi e conosciuti, fatta eccezione di Coda Maculata, erano ritenuti ostili fino alla morte, l’esercito si avvalse molto della sua collaborazione. Molti dei suoi giovani si arruolarono come scout su suo consiglio, e perfino egli stesso svolse tale servizio.
Ancora una foto di American Horse
Nella prima parte del 1876, circolava voce che certe bande erano in procinto di separarsi. Il loro capo era un certo Sioux Jim, così soprannominato dai soldati.
Cavallo Americano andò da lui come paciere ma gli fu replicato che era una donna e non aveva coraggio. Tornò alllora al proprio campo e disse ai suoi uomini che Sioux Jim era un piantagrane, e per evitare altri guai alla tribù, doveva essere punito. Si avvicinò nuovamente al guerrafondaio Jim con diversi guerrieri dietro di lui. Il recalcitrante indiano venne fuori, imbracciando un fucile, ma l’astuto capo fu troppo veloce per lui. Egli sparò e ferì il ribelle dopo di che un uno dei suoi uomini si fece avanti e lo uccise.
Ciò placò il popolo per un pò e fino all’uccisione di Cavallo Pazzo. Nella crisi che si determinò, Cavallo Americano fu di nuovo influente ed energico a favore della causa del governo. Da questo momento divenne un attivo partecipante negli affari dei Sioux Teton. Si fece notare per la sua eloquenza, che fu quasi sempre conciliante, eppure egli fu in grado di dire cose molto taglienti sulla doppiezza dei bianchi. Cavallo Americano era di modi amabili ed un maestro nei botta e risposta. Mi ricordo che usava dire che se uno deve indossare scarpe d’oro per entrare nel paradiso dei bianchi, nessun Indiano vi poté entrare mai, poiché i bianchi hanno le Black Hills e con loro tutto l’oro.
Fu durante l’ultima battaglia del suo popolo, ai tempi della moda del momento costituita dal Messia nel 1890-1891 che egli dimostrò, come mai prima, la reale grandezza dell’uomo. Mentre molti dei suoi amici si lasciavano conquistare dal nuovo pensiero, egli si mantenne distante da esso e invitò la sua banda a fare lo stesso. Quando si svilupparono violenti disordini tra le nazioni, egli si schierò decisamente contro questo movimento.
Ben presto venne ordinato a tutti gli indiani che non danzavano la Ghost Dance di andare al campo dell’agenzia di Pine Ridge. Cavallo Americano fu il primo a condurvi il suo popolo. Ero là a quel tempo e parlavo tutti i giorni con lui. Quando Piccolo fu arrestato, i delusi si misero d’accordo per convincerlo a resistere. Questo sarebbe stato il pretesto per attaccare la polizia indiana, il che avrebbe portato ad un massacro generale, ad una ondata di violenza. So che questa disperata mossa era opposta fin dall’inizio da Cavallo Americano, e si credette che la sua vita fu minacciata.
Nel giorno della Grossa Questione, quando migliaia di Indiani erano riuniti nell’agenzia, questo uomo, Piccolo, che si era dato alla macchia, camminava audacemente in mezzo a loro. Naturalmente la polizia lo arrestò subito e fu condotto verso la cella. Egli lottò con loro, ma fu sopraffatto. Una folla di guerrieri corse in suo soccorso, e ci fu confusione ed il grido generale di “Forza uccidiamoli tutti!” Vidi Cavallo Americano uscire dall’ufficio dell’agenza e con calma fronteggiare la folla di esagitati.
Delegazione mista di Sioux e Pawnee con American Horse
“Che cosa avete intenzione di fare?” chiese “Fermatevi uomini, e pensate prima di agire! Assassinerete i vostri figli, le vostre donne, si, distruggerete la vostra nazione oggi?” Rimase fermo in piedi di fronte a loro come una statua e gli uomini che tenevano i due poliziotti indifesi si fermarono per un attimo. Egli continuò: “Siete coraggiosi oggi poiché siete più numerosi dei bianchi, ma cosa farete domani? Ci sono ferrovie dappertutto. I soldati pioveranno a migliaia da ogni direzione e vi circonderanno. Avete poco cibo e munizioni. Sarà la fine del vostro popolo. Fermatevi, vi dico, fermatevi adesso!.
Jack Nuvola Rossa, figlio del vecchio capo corse verso di lui e quasi gli caccio un revolver in faccia. “Sei tu e uomini come te” gridò “che hanno ridotto la nostra razza alla schiavitù ed alla fame!” Cavallo Americano non sobbalzò ma deliberatamente ritornò in ufficio, seguito da Jack che brandiva ancora la pistola. Ma il suo tempismo ed eloquenza aveva salvato la giornata. Altri poliziotti ebbero tempo di raggiungere il luogo e, grazie ad una larga folla di Indiani amici, aveva preso il controllo della situazione.
American Horse con gli agenti indiani
Quando andai in ufficio lo trovai solo ma apparentemente calmo: “Dove sono l’agente e gli impiegati?” chiesi. “Sono fuggiti dalla porta di dietro” rispose sorridendo. “Penso che siano in cantina. Questi pazzi la fuori ci avevano quasi catturato nel sonno ma penso che sia finita ora”. Cavallo Americano fu uno dei primi educatori per gli Indiani, e suo figlio Samuel ed il nipote Robert furono tra i primi studenti a Carlisle. Penso che una o due delle sue figlie furono tra le ragazze di sangue indiano al 100% più belle che abbia mai visto.
La sua testimonianza come consigliere del suo popolo e la sua politica nella nuova situazione che dovette affrontare fu sempre virile e coerente.