Heyoka, il contrario
A cura di Angelo Lacerenza
Uno Heyoka, seduto al contrario su un cavallo
Il Contrario/Heyoka è, nella cultura dei Nativi, un personaggio “Sacro” al quale vengono attribuiti grandi poteri in virtù dei quali è temuto e rispettato al punto che i suoi interventi non vengono interpretati comicamente, ma fungono come stimoli di riflessione.
Mi piace definire l’Heyoka un ‘agevolatore di pensiero’ paragonabile, per analogia, alla nostra figura del Sacerdote.
Il Contrario non lo è di nascita: la sua vocazione gli viene dagli Spiriti “Wakinyan”, gli “Esseri del Tuono” e colui che riceve la visione è consapevole dell’arduo compito, al servizio della sua gente, al quale è chiamato.
Nel ricevere la visione inviatagli dagli Wakinyan il futuro Contrario si sottopone ad una cerimonia di iniziazione conscio del fatto che dovrà accettare ritualmente la sua morte simbolica appannaggio di una nuova nascita, destino questo, per quanto doloroso gli si presenti, al quale non si può sottrarre perché voluto dal Grande Spirito.
In seguito all’accettazione del suo nuovo ruolo l’Heyoka entra a far parte di una “Confraternita” all’interno della quale apprenderà i comportamenti, le tecniche e le tradizioni sacre.
Proprio come Il Sacerdote al momento dei Voti annulla se stesso ed accetta di vivere come esempio e come guida spirituale per il suo prossimo, allo stesso modo l’Heyoka cessa di vivere per se stesso e comincia a farlo come specchio per gli altri: il suo comportamento da contrario porta, chi lo osserva, a riflettere con un più corretto metro di giudizio riguardo ai comportamenti, gli usi e i costumi del proprio prossimo.
Ecco perchè mi piace definirlo uno stimolatore o, meglio ancora, un “agevolatore di pensiero”.
Un rituale Lakota
E’ credenza popolare che l’Heyoka possa controllare gli eventi atmosferici come la pioggia, il vento ed il tuono.
Queste sono le ragioni per cui non condivido l’assimilazione della figura dell’Heyoka a quella di un clown o di un buffone.
è vero che durante alcune Cerimonie la pantomima recitata dal contrario puo’ stimolare ilarità, ma solo ad uno sguardo superficiale che non si sofferma al suo significato.
Qualcuno li ha definiti “Sacri-Pagliacci”. Non riesco a pensare a due termini maggiormente in antitesi fra loro, che pur cosi’ bene trasmettono la funzione (sacra) e la facciata (pagliaccia) di questo personaggio.
Il termine “sacro” solitamente sottintende ciò che è importante, temuto e rispettato e giusto, mentre il “pagliaccio” è, per antonomasia, un personaggio frivolo, divertente, poco serio e sicuramente non rispettato (ma che nella fattispecie si fa veicolo di messaggi sacri).
Mi chiedo pero’ il motivo per quale sia stata la sola facciata del “pagliaccio” a prevalere ed ad imporsi, come personaggio e non come veicolo, nell’immaginario collettivo sacrificandone il ‘contenuto’, la funzione di agevolatore del pensiero di cui quel clown era portatore e regredendone la definizione a quella di “Giullare”.
Il rapporto con i giovanissimi
Conseguentemente si può affermare che “il passaggio da un tipo di ragionamento dicotomico (del tipo bianco-nero) ad una forma di elaborazione superiore, in grado di integrare entrambi i poli di un’idea, è una lenta conquista che denota la capacità del pensiero dialettico di comprendere tanto la tesi quanto l’antitesi di un assunto in una prospettiva più ampia e profonda.
Un gruppo di indiani